Un savoiardo per rompere il ghiaccio

La prima volta che è entrata non ha avuto subito la mia attenzione.
Lei è stata la prima e ad oggi anche l’unica che entrando qui dentro è andata dritta al punto “Buongiorno signorina, ha per caso lo stampo per i savoiardi?”.
Nessuno prima di lei mi aveva mai chiesto quello stampo, nessuno aveva mai dato importanza al povero savoiardo fatto in casa, come dar torto a tutte quelle persone che preferiscono spendere 90centesimi per un prodotto facilmente reperibile sugli scaffali del supermercato e pure buono anche se confezionato?!
Io ho sempre fatto il tiramisù con i savoiardi già pronti, ho sempre creduto che fosse più “pratico”.
La pasticceria però mi ha insegnato che la praticità e la qualità non sempre viaggiano sulla stessa linea. Anzi.
Tornando a lei, la signora dello stampo, immaginatevi una donna sulla 60ina, bassa e gracile, con una bocca piccola ma un grande sorriso e poi quei grandi occhioni che attraverso le sue lenti sembrano ancora più grandi.
Porta i capelli sempre raccolti e parla sempre di suo marito e dei gusti che ha in ambito culinario.
Non sono sempre interessata a quello che mi viene detto, ascolto quasi tutto (non perdo le parole, ma questo già lo sapete), ma non tutto mi coinvolge.
Lei non mi aveva particolarmente coinvolto, era una delle tante facce che avrei visto entrare e subito dopo, attraverso una porta a vetri che si chiude da sola, uscire dalla mia vita.
E’ stata una delle tante anche quando uscendo, dopo aver comprato lo stampo per savoiardi, mi ha salutata dicendomi “ci vediamo presto”.
La signora Savoiardo ha smesso di far parte della massa la seconda volta che l’ho incontrata, lei sapeva dove trovarmi e infatti è tornata.
E’ tornata per me, non è tornata per lamentarsi.
E’ tornata per il piacere di parlare con me, non è tornata per comprare un altro stampo.
La seconda volta la Sig.ra S. portava con se uno di quei vassoietti usa e getta della Cuki e dentro aveva riposto con estrema cura un tovagliolo bianco e 6 savoiardi.
“Li assaggi, mi dica cosa ne pensa”.
Non me lo sono fatta ripetere due volte, ho addentato il primo savoiardo e la mia faccia dopo il primo morso parlava da sola: LAFINEDELMONDO.
Un savoiardo così non lo avevo mai mangiato prima di allora, subito sono scivolati dalla mia bocca i complimenti verso quel piccolo esserino biondo che aveva faticato solo per farmi assaggiare quello che con tanto amore lei preparava e forse suo marito poco apprezzava.
Avere la ricetta è stato un gioco da ragazzi, la portava già con se a quel secondo incontro…come se avesse previsto il mio enorme interesse verso la cosa.
Verso il suo savoiardo.
Aveva ragione, mi interessava eccome.
Dopo il nostro secondo appuntamento, dove io rimango una costante e lei una variabile, sono passati dei mesi prima che tornasse a trovarmi.
Avevo voglia di vederla, non perchè ne sentissi la mancanza, ma per poterla ringraziare per tutte le volte che ho ripetuto la sua ricetta e ne sono uscita vincente con chi si è mangiato il tiramisù con i savoirdi della Sig.ra S.
Giusto ieri l’ho rivista, non è cambiata di una virgola e parla sempre di suo marito e della torta fatta e buttata perchè per lui troppo umida…aveva un’altra perla pronta al confronto, si tratta della sua crema di latte al limoncello.
Non chiedetemi cosa sia, ma mi ha promesso che munita di termos sarebbe tornata per farmi assaggiare tale bontà…non mi resta che aspettarla, tanto lei sa dove trovarmi.

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